Dargen D’Amico: una ventata d’aria fresca

Arrivato sotto i grandi riflettori con l’aria di chi non ha niente da perdere ma molto da raccontare, l’eccentrico artista milanese Dargen D’amico ha brillato per il suo stile assolutamente distintivo (atteggiamento festoso e soprattutto paio di occhiali da sole attaccati costantemente agli occhi, leggende ipotizzano la presenza di essi sin dal momento della nascita) influenzando positivamente l’atmosfera che accompagnava il Festival di Sanremo, la cui 72esima edizione serviva come mai ad alleggerire gli animi degli spettatori (obiettivo effettivamente raggiunto stando ai dati dello share avuto dal programma: con il suo 63,9%, numeri assolutamente da record, il Festival di Sanremo è riuscito almeno per una settimana ad attirare a sé gran parte dell’attenzione generale sviando gli umori dal contesto pandemico). Ma chi si cela dietro il cantante che è riuscito a far ballare l’intero pubblico di Sanremo?
Jacopo D’amico, questo il suo vero nome, nasce a Milano nel 1980 e comincia la sua carriera musicale con il famoso gruppo “Sacre scuole” (così denominata l’intesa vincente con Guè Pequeno e Jake la Furia, i quali successivamente formeranno lo storico Club Dogo).
Dopo l’unico album realizzato dal gruppo sul finire del ventesimo secolo, Dargen inizia il suo percorso da solista con una propria etichetta indipendente pubblicando ben undici album (di cui l’ultimo sull’onda del successo anticipata dal singolo “Dove si balla” portato al festival)

Parliamo dunque di questo brano, il cui ritornello siamo sicuri che passerà in radio per molto tempo: come anticipato dal titolo Dargen porta a Sanremo una canzone fresca, paradossalmente estiva, la cui struttura si presenta comune alla tendenza ultima musicale di pubblicare le cosiddette “hit” ma entra in testa con facilità (complice un ritornello orecchiabile) pur senza ricorrere a compromessi, quali per esempio un calo significativo di qualità nella stesura del testo in cui si rischia di cadere nella banalità: infatti l’artista riesce a mantenere la sua vena simpatica unendola perfettamente a temi non scontati, ovviamente in un atmosfera leggera e facilmente accessibile al pubblico. Si potrebbe pensare quindi al classico tormentone estivo.
Proprio qui ci si può sbagliare, o meglio: la canzone è leggera ma ad occhi meno superficiali presenta una buona via d’accesso al repertorio musicale, sicuramente non per tutti: il consiglio quindi, evitando anticipazioni, è di recuperare i vecchi album, soprattutto i primi, per capire meglio l’originalità di Dargen D’Amico e imbarcarsi nei suoi vari stili.

Da recuperare: l’album “D’io del 2015 con al suo interno canzoni più vicine al successo presentato al festival, come “La mia generazione” oppure, sempre all interno dello stesso, “La mia donna”.
Credo che due canzoni non bastino per accendere la fiamma della maggior parte degli ascoltatori, ma sicuramente sono un buon primo passo per scoprire questo artista negli anni ingiustamente sottovalutato.