Siamo onorati di pubblicare su “La rivista solidale”, per la consueta rubrica storica, un articolo consegnatoci del Cav. Onofrio delli Carri, Delegato per la Provincia di Foggia dell’Istituto Nazionale per la Guardia d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon.
Elena, la regina rosa d’oro della cristianità
di Onofrio delli Carri
Le sue spoglie, assieme a quelle del marito Vittorio Emanuele III, sono rientrate in Italia tra le polemiche tre anni fa e il 17 dicembre del 2017 dopo 65 anni. Elena un suo ritratto lo aveva, probabilmente scattato a San Pietroburgo dove il padre l’aveva mandata con la speranza che il futuro zar Nicola II la scegliesse in moglie. Peccato che la ragazza si prese una cotta per l’ufficiale Carl von Mannerheim, futuro presidente della Finlandia, che sfidò a duello il principe dopo che questi, durante un ballo, si era rivolto alla montenegrina in modo poco galante. Evento che provocò l’allontanamento da corte di Elena per ordine dello zar Alessandro III e la fine di quel sogno solo all’apparenza glorioso: Nicola scelse allora una nipote della regina Vittoria, Alice di Assia e Renania, destinata a morire fucilata assieme a lui e ai figli per mano dell’esercito sovietico nel 1918. Promossa sulla carta, Elena doveva superare la prova del primo incontro. Vittorio Emanuele era stato categorico: non avrebbe accettato alcuna interferenza dalla madre, toccava a lui scegliere chi sposare. Per questo Margherita e Crispi tramarono nell’ombra, combinando un incontro al buio con la complicità di re Nicola, uno che di intrighi se ne intendeva vista la vicinanza con la Bella Otero. Si decide di far conoscere i due giovani a Venezia, la simpatia è immediata. Nel 1896, Vittorio Emanuele ed Elena si rivedono all’incoronazione a zar di Nicola, l’ex fiamma della principessa del Montenegro, evento segnato da nefasti presagi – 1.400 persone perirono durante i festeggiamenti per via del cedimento di una trincea mal chiusa – che tuttavia si rivela decisivo. Al rientro a Roma Vittorio Emanuele comunica alla madre di voler sposare Elena, in agosto parte per Cettigne per la richiesta formale al futuro suocero. Un passaggio dall’esito scontato che tuttavia segnerà Vittorio Emanuele: per via del pranzo luculliano e pesantissimo fatto preparare da re Nicola, il principe rifiuterà per il resto della vita di mangiare cibo montenegrino che Elena si diletterà a preparare solo per i nipoti. Il matrimonio viene fissato nella Basilica di Santa Maria degli Angeli a Roma per il 24 ottobre 1896. Edoardo Scarfoglio, riferendosi alla scarsa dote della sposa, conia sul quotidiano Il Mattino un’espressione destinata a secolare fortuna: le nozze con i fichi secchi. Che sebbene non ricche, boicottate dalla madre di Elena contraria alla conversione della figlia e ridicolizzate dal ramo Aosta della famiglia Savoia – la principessa Hélène d’Orléans soprannominerà la cugina “la bergère”, la pastora – si riveleranno felici: nascono cinque figli, ogni giorno il principe si presenta dalla moglie con un mazzo di fiori di campo, proprio come aveva fatto a Cettigne prima di riprendere la nave per l’Italia. Se per il re i giovani che partono per la guerra sono eroi che lottano per la patria, per la regina montenegrina quei ragazzi sono figli che vanno a morire. Come già fece durante la Prima guerra mondiale, Elena gira a dar conforto e aiuto per gli ospedali, compreso quel regina Elena da lei fortemente voluto e per suo desiderio specializzato contro i tumori. Sua maestà auspica la pace immediata, prova a coinvolgere le colleghe d’Europa scrivendo loro una lettera in cui propone di farsi intermediarie per fermare il massacro, ma Mussolini le proibisce di andare avanti in quella che rimarrà alla Storia come la pace delle dame. Il 28 agosto 1944, il dramma di centinaia di migliaia di famiglie entra a Palazzo: la principessa Mafalda, deportata nel campo di concentramento di Buchenwald, muore tra gli strazi. Quando il 9 maggio del 1946 Vittorio Emanuele abdica per il figlio Umberto, Re per un solo mese, Elena segue il marito in esilio. Troveranno rifugio da re Farouk in Egitto, dove il 28 dicembre 1947 Vittorio Emanuele muore stringendo tra le mani quelle della moglie. Malata di cancro, la contessa di Pollenzo, questo il titolo che Elena porterà negli ultimi anni, si stabilisce a Montpellier, centro all’avanguardia nella cura dei tumori. Morirà lì nel 1952:prima di spirare chiede di essere sepolta in una tomba comune, senza fasti. Fedele a questo spirito, la nipote Maria Gabriella, terzogenita di Umberto, ha riportato in Italia i suoi resti grazie all’assenso del presidente della Repubblica Mattarella. Qualche maligno ha ipotizzato che il prezzo pagato sia l’archivio segreto di RE Umberto II del quale era custode la terzogenita del Re Umberto Maria Gabriella. Il Presidente Mattarella, pare abbia posto un’unica condizione: né Elena né Vittorio Emanuele III potranno riposare al Pantheon, dove invece si trovano le salme di Vittorio Emanuele II, Umberto I e Margherita.
Cav. Onofrio delli Carri