In quel dì di Hawkins: volume 2/

Abbiamo parlato di come viene gestita la questione marketing nei meandri del sottosopra. O meglio, nell universo di Stranger Things, dove la piccola grande cittadina di Hawkins fa da protagonista a un enorme teatro. Costruito con attenzione pezzo per pezzo. Con ovviamente i suoi anelli più deboli, quasi messi apposta per ricordarci che siamo tutti umani. O almeno sarebbe meglio vederla da questa prospettiva in quanto la serie, molto probabilmente presto cult, in tutta la sua grandezza presenta talvolta grandi ingenuità. E grande cuore, e a breve capiremo la connessione tra questi due elementi. Sempre da un punto di vista soggettivo.

“Da grandi poteri derivano grandi responsabilità”, disse un certo Ben Parker. Era totalmente un contesto diverso certo, ma la celebre frase fa al caso nostro. Difatti la dicitura precedente di “universo” riferita alla creazione dei fratelli Duffer non è stata messa casualmente, quando parliamo di Stranger things sappiamo di trovarci non in un mondo ma in qualcosa di estremamente più vasto. Una piramide di personaggi intrecciati tra loro, ciascuno con un suo senso logico e una soddisfacente strutturazione dietro. La sensazione è che ogni tassello sia lì per un motivo, aspetto totalmente non scontato. Ed è nella quarta e penultima stagione della serie televisiva statunitense che si comincia a raccogliere veramente i frutti dell enorme lavoro fatto in 7 anni. Lavoro ostacolato non poco da una cara pandemia che ha dovuto mettere in standby l’opera ma che non è riuscita a smorzare. La maturità del prodotto si è vista anche dall altro lato, quello spesso sottovalutato, quello del pubblico. Pubblico che nonostante la (lunga) attesa non ha fermato neanche per un secondo il desiderio di vedere ancora un pò dei loro personaggi preferiti. Loro, perchè il rapporto di fiducia tra le due parti è diventato così stretto da aver fatto affezionare come mai ai vari elementi della serie. Il covid poteva rovinare tutto. Ma non ha fatto altro che fortificare il legame.

Ma passiamo quindi al lato concreto, ai fatti, con i rinomati fratelli dinnanzi alla sfida riconfermarsi e alzare ancora di più l’asticella. La missione è stata raggiunta e l attesa ripagata, come vedremo adesso dai vari punti di forza (e non).

-Siamo all’inizio della fine, e va detto che l’atmosfera che ci viene proposta non fa che sottolinearlo con il suo carico di tensione e adrenalina alle stelle in uno scenario dominato da un nemico pericoloso mai come prima. Senza nulla togliere agli altri, la quarta stagione è pervasa da una continua sensazione di resa dei conti e come ci suggerisce Robin, forse per la prima volta non abbiamo certezze sull esito positivo

-un livello di intrattenimento toccato mai visto prima in tempi recenti, con un folle mix di pura azione e di momenti drammatici che confermano la padronanza della scena sia dei burattinai, i registi che sanno cosa si possono permettere e conoscono perfettamente le loro carte, sia i burattini, gli attori in totale confidenza con la parte e con l’atmosfera generale

– il reparto musicale: aldilà del meme, chapeau. Dal profondo del cuore. Punto spesso messo negli ultimi posti, ho deciso di posizionarlo subito (seppur i punti non siano in ordine gerarchico) facendo grandissimi complimenti. Musiche perfette per le scene che si alternano tra adrenalina e emozioni a non finire, contribuendo a non stancare quasi mai lo spettatore.

– A proposito. I registi sapevano bene di aver osato con gli ultimi due episodi, dalla durata complessiva di ben 4 ore. 4 ore. Esagerato parlare di un passo più lungo della gamba ma qualcosa forse andava rivisto con maggiore attenzione in quanto siamo di fronte ad un’arma a doppio taglio. L’ultima puntata, due ore e mezza come praticamente un film, ad un certo punto tocca un punto a dir poco clamoroso , probabilmente il suo apice di emozioni. Apice che crolla drasticamente in un minuto quando una frenetica e rocambolesca sequenza cede il posto ad una mansueta e forse troppo tranquilla mezz’oretta che mostra gli avvenimenti di due giorni dopo. Nulla contro le scene calme anzi, ha evitato un probabile attacco di cuore, ma non ho compreso lo stacco di tono così evidente e l’assenza di un equilibrato calo di emozioni.

-una sensazione di tensione totalmente assente proprio nell’ultima parte. Evitando spoiler, come si può rimanere totalmente indifferenti e sereni vedendo ciò che ha causato Vecna sul finale? Eppure a vedere i personaggi pare che 48h siano state più che sufficienti a dimenticare la situazione imminente di pericolo.

– la bontà dei Duffer: abbiamo imparato ad apprezzare il buon cuore dei fratelli ma, parlando contro il mio interesse, non stiamo esagerando? Ho grandi difficoltà a evitare spoiler in questo punto, perciò mi limiterò solamente a chiedere più coraggio nel far fuori personaggi importanti, essendo ormai alla 5 stagione.

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