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VERSO LA SETTIMANA SANTA: Lettera ai giovani

Carissimi giovani, 

non vi conosco personalmente, ma ciò che ho saputo di voi mi basta per apprezzarvi dal profondo del cuore: davvero allarga il respiro sapere che ci sono dei ragazzi che vogliono “Vivere la vocazione di essere custodi dell’opera di Dio”, come dice il Papa nell’enciclica che avete scelto come programma del vostro gruppo. È una vocazione nuova, necessaria e benedetta. Noi boomer, come ci chiamate voi, dovremmo vergognarci per le condizioni in cui vi lasciamo il mondo: i nostri sprechi, la nostra incuria, il nostro smaccato edonismo, i nostri sfrenati consumi vi hanno procurato una vita difficile e la bella lingua del futuro che voi parlate sembra destinata a perdere i colori, a tingersi di grigio. Io vivo nel nord Italia (sono formatrice della diocesi di Milano) e vedo bene questi problemi, forse più di voi, che vivete nel vostro bellissimo sud. Per questo noi adulti guardiamo a voi con speranza, con fiducia e anche con ammirazione.

Mi avete chiesto come vivere la Settimana santa, a partire dalla vostra vocazione: è una domanda molto bella, che suppone il desiderio di un cammino spirituale sempre più autentico, il quale a sua volta ha le radici nella consapevolezza che avete intrapreso una strada feconda, luminosa, ampia, che riguarda tutta la vostra vita, perché “non costituisce qualcosa di opzionale e nemmeno un aspetto secondario dell’esperienza cristiana”. Avete capito molto bene che se “i deserti esteriori si moltiplicano nel mondo” è perché “i deserti interiori sono diventati ampi” e quindi la prima azione ecologica deve compiersi dentro di noi. 

Siete pronti allora a vivere una Settimana santa strong, di quelle capaci di dare alla vita sterzate memorabili? Ovviamente i miei sono soltanto consigli e voi vi sentirete liberi di seguirli in toto, oppure in parte, o ancora per nulla. 

Detto questo, vi propongo un percorso il quale, oltre a nutrirsi delle celebrazioni liturgiche della settimana autentica (così la chiamiamo noi ambrosiani), preveda dei momenti tutti vostri, a contatto con la bella e originale spiritualità indicata dalla Laudato si’. Ecco come potrebbe snodarsi in sintesi il percorso: 1) durante la Domenica delle palme, si chiede al Signore la disposizione d’animo giusta, per entrare in un periodo di speciale intimità con Lui e con il cosmo; 2) si parte per un viaggio interiore, nel paesaggio dell’anima, alla ricerca di cose belle e cose da migliorare; 3) si portano le scoperte fatte a Gesù, attraverso la riconciliazione sacramentale, per ripulire l’anima da ogni inquinamento; 4) ci si esercita nelle relazioni, per essere sempre più limpidi e gioiosi; 5) si sprofonda nel mare chiaro della preghiera della lectio; 6) si scopre la gioia profonda che sta nel fondo della sobrietà assunta per amore; 7) si vive il silenzio, come contatto concreto con la natura che mostra il volto di Dio; 8) si esulta nell’a tu per tu con l’Eucaristia, fonte e culmine di ogni esperienza e di ogni impegno autenticamente cristiano. Per comodità espositiva spalmo il discorso sui sette giorni della settimana, ma voi potete curvarlo, piegarlo, accorciarlo o allungarlo come volete. 

LUNEDÌ SANTO.

“La crisi ecologica” dice la vostra carta programmatica, “è un appello a una profonda conversione interiore” e questo “esige anche di riconoscere i propri errori, i peccati, i vizi o le negligenze, e pentirsi di cuore, per cambiare dal di dentro”. Si tratta quindi di “esaminare le nostre vite.”

Dedicheremo per questo il lunedì santo all’esame di coscienza, anzi a un’esplorazione interiore, che ci farà scoprire, come dicevo prima, cose belle e cose da migliorare. Immaginiamo la nostra interiorità come un paesaggio variegato, che comprenda territori in cui la natura ben coltivata, rispettata e correttamente esposta all’azione del sole o della pioggia, si espande in libertà e cresce rigogliosa, ma anche territori aridi, inquinati, deserti, ancora da dissodare. Usiamo quindi la metafora del viaggio e dell’esplorazione interiore, annodandola intorno allo schema tripartito suggerito dal cardinal Martini (confessio laudis, confessio fidei, confessio vitae) e alla modalità tradizionale di esaminare la coscienza, la quale si muove intorno al tema delle relazioni e prevede quattro punti cardinali: i rapporti con Dio, con gli altri, con la casa comune e con sé stessi. Come vedete, non possiamo fermarci soltanto sulle relazioni con la natura, perché un uomo che non viva in armonia con Dio, con gli altri e con sé stesso non potrebbe certo vivere bene nemmeno il rapporto con il mondo. Esploriamo dunque questi quattro territori del nostro universo interiore partendo dalla confessio laudis, cioè dalle terre belle della nostra vita, che diventeranno motivo di ringraziamento a Dio, per approdare solo dopo alla confessio vitae, cioè alla scoperta delle terre incolte o inquinate, che siamo chiamati a bonificare.  Questo è il modo di guardare a noi proprio di Dio stesso, il quale vede la nostra bellezza prima dei nostri peccati: nei confronti della vita anche noi dobbiamo acquisire quello sguardo contemplativo che ci permette di vedere il bello e il buono di ciò che viviamo, prima ancora delle nostre mancanze.

Per questo esame di coscienza un po’ particolare, troviamo prima di tutto un luogo che ci ispiri (preferibilmente all’aperto, in mezzo alla natura, oppure nel silenzio di una chiesa) e una posizione che ci piaccia (seduti, in ginocchio, in piedi… come vogliamo noi!), scegliamo un testo del Vangelo e lasciamoci ispirare dalle parole di Gesù: questa pagina sarà la nostra bussola. Pensiamo che siamo soli davanti a Dio, soltanto noi e Lui… nessun altro vede nel nostro cuore, nessuno può imporci nulla. 

Quando ci sentiamo pronti, immaginiamo di andare verso est, dove sorge il sole, dove troviamo le Tre Persone divine. Immergiamoci nel loro amore e ringraziamole prima di tutto perché ci hanno chiamato alla vita, perché ci sono, perché rimangono aperte alla relazione con noi, perché… perché… E poi chiediamoci: qual è, da parte nostra il nostro rapporto con Dio? È una vera relazione, o Lui è Qualcuno di cui ci ricordiamo solo ogni tanto? Quanto i nostri pensieri sono occupati da Lui? Quanto spazio ha la preghiera nella nostra vita? Se immaginiamo i luoghi del nostro rapporto con Gesù, come li vediamo? Belli e rigogliosi o secchi e bisognosi di essere annaffiati?

Andiamo poi a sud, dove il sole raggiunge il suo punto più alto, a volte faticoso da sostenere, e dove troviamo i nostri fratelli. Pensiamo prima alla nostra famiglia, agli amici, ai compagni di scuola, alle persone che ci vogliono bene e ringraziamo il Signore per la loro presenza. Solo dopo ci interroghiamo sulla qualità del nostro rapporto con loro: come affrontiamo i conflitti ad esempio? Li sappiamo trasformare in occasioni di crescita relazionale o teniamo del rancore? Per caso stiamo trascurando degli appezzamenti di terreno relazionale a causa di conflitti non risolti? Se immaginiamo i nostri rapporti come pianticelle da curare, proteggere, innaffiare con l’acqua del voler bene, dove dovremmo darci un po’ più da fare? E se ci accorgiamo di qualche alberello che sta soffocando sotto i detriti della nostra indifferenza e invano aspetta il nostro aiuto, come pensiamo di rimediare?

Ed ecco finalmente l’ovest, dove il sole che tramonta rende più belli e cari i paesaggi della natura. Entriamo allora nella nostra casa comune. Rallegriamoci e ringraziamo Dio innanzitutto per questa sensibilità per il creato, che Lui stesso ha messo nei nostri cuori, e poi sentiamoci invadere dalla gratitudine per questo mondo “come dono ricevuto dall’amore del Padre”. Chiediamoci infine “in che modo offendiamo la creazione di Dio con le nostre azioni e con la nostra incapacità di agire”. C’è forse qualcosa che possiamo fare di più rispetto a ciò che già facciamo? (Pulizia degli ambienti comuni, raccolta differenziata, impegno politico, attivazione di conferenze, laboratori, eventi on line, uso dei social per diffondere informazioni e buone prassi in tema di ecologia.).

E passiamo ora all’ultimo punto cardinale, al nord, dove il freddo costringe a stare in casa e dove troviamo, a volte malvolentieri, noi stessi. “Io sono unico e speciale agli occhi di Dio” diciamo prima di tutto al nostro cuore, ma diciamolo credendoci fino in fondo. Passiamo in rassegna le nostre doti: quante cose sappiamo fare, quante ne abbiamo imparate, quanti doni possediamo (bellezza, salute, bontà, capacità di amare, libertà, generosità) e lasciamo che la lode a Dio per ciò che siamo sgorghi spontanea dal nostro cuore. Umiltà non è negare le proprie capacità, ma riconoscere che vengono da Dio e ringraziarlo per questo. Subito dopo, saremo pronti a spaziare nei territori delle nostre emozioni: sappiamo gestire la rabbia ad esempio? E la tristezza? La voglia di prevalere, di imporsi agli altri? Osserviamo le regole finalizzate alla nostra salute? Come svolgiamo i nostri impegni? 

Non è importante chiedersi tante cose: ciò che importa è camminare dentro di noi nella tranquillità e nella dolcezza, vedere le cose belle e rigogliose e strappare qualche erbaccia qua e là, togliere qualche ramo secco, liberare qualche radice dall’immondizia. Al termine della nostra ricognizione, rinnoviamo la confessio fidei: con parole nostre diciamo la fiducia nell’amore e nella potenza del Signore, che con il suo perdono rinnova la nostra vita partendo dalle sue radici.

MARTEDÌ SANTO: Sacramento della Riconciliazione.

Lo scopo del viaggio interiore è conoscerci meglio, nel bene e nel male, e consegnare all’amore di Dio ciò che abbiamo scoperto. Se l’esame di coscienza è stato fatto bene, la Riconciliazione sacramentale sarà un incontro esaltante con quel Dio che prima di giudicarci muore per noi sulla croce. In questo modo, faremo l’esperienza della “trasformazione del cuore”

MERCOLEDÌ SANTO

Ora che il nostro cuore è stato ripulito per bene dai rifiuti ed è stato annaffiato con l’acqua pura della Grazia, possiamo mettere in pratica, concretamente e con creatività, alcune parole chiave delle nostre relazioni: comunità, cura, generosità, tenerezza, sorriso, amicizia, gentilezza. “La conversione ecologica è anche una conversione comunitaria, che comporta vari atteggiamenti che si coniugano per attivare una cura generosa e piena di tenerezza” dice il vostro Francesco. E fa l’esempio di santa Teresa di Lisieux, che “ci invita alla pratica della piccola via dell’amore, a non perdere l’opportunità di una parola gentile, di un sorriso, di qualsiasi piccolo gesto che semini pace e amicizia. Un’ecologia integrale è fatta anche di semplici gesti quotidiani nei quali spezziamo la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo”. (n. 230)

Un’ecologia a 360°. E allora oggi stiamo veramente insieme: ci guardiamo in faccia con occhi limpidi, conversiamo in maniera pacata e gentile, escogitiamo piccoli servizi, piccole sorprese per far felici i nostri cari, sorridiamo, ci prendiamo cura dei più piccoli e bisognosi, regaliamo qualcosa di bello a una persona che ci è antipatica. Non pensiamo che queste siano cose da bambini, anzi sono atteggiamenti che solo gli adulti nella fede sanno veramente frequentare. E lasciano il cuore in una pace meravigliosa.

GIOVEDÌ SANTO

Ci prepariamo alla Messa in Coena Domini alla mattina, introducendoci nel bosco rigoglioso della preghiera della Lectio divina e salendone cinque pendii (lectio, meditatio, oratio, contemplatio, actio). Espongo brevemente le varie fasi della Lectio per chi tra voi eventualmente non le conoscesse.

Leggiamo il Vangelo della Messa di questa sera (Gv 13,1-15) tenendo sullo sfondo della mente la domanda fondamentale: che cosa dice questo testo? Ricordiamoci che siamo nel livello più oggettivo della lettura del brano biblico, che riguarda alcuni aspetti specifici: il luogo (dove siamo? Questo luogo ha un preciso significato?); il tempo (in quale momento della vita di Gesù ci stiamo immergendo? Che cosa è accaduto prima? Che cosa accadrà subito dopo?); i personaggi (chi sono i soggetti di cui si parla? Quali caratteristiche hanno? Quali sentimenti vivono?); le azioni (Che cosa accade? Che cosa succede ai personaggi? Che cosa dicono? Che cosa fanno? Perché?); gli oggetti (il grembiule e soprattutto l’acqua, “pretiosa et casta”: potrebbero simboleggiare qualcosa?); il cuore dell’episodio (Dove cade l’accento in questo brano? Come lo si potrebbe titolare?); la parola chiave (cioè il termine capace di riassumere ciò che il testo presenta). Mentre rispondiamo a queste domande, proviamo a identificarci nei personaggi e a rivivere la loro esperienza, concentrandoci innanzitutto sui verbi e cercando le intenzioni e i sentimenti ai quali le azioni rimandano. Ci lasceremo poi guidare dal testo per porci eventuali altri interrogativi.

La domanda fondamentale della meditatio è invece la seguente: Che cosa dice a me questo testo? Come Dio mi parla oggi attraverso questo testo? Le domande più specifiche riguardano Dio (Che cosa questo testo mi rivela di Lui? Che cosa suscita in me questa rivelazione del mistero di Dio? In che cosa mi sento interpellato, confortato, rinfrancato, illuminato, esortato, purificato?) e la vita mia e del mondo (Che cosa questo testo mi fa capire dell’esperienza che sto vivendo in questo periodo, soprattutto in quanto “custode della casa comune”? Guardando a ciò che fa Gesù, che cosa potrei imparare per il mio servizio? A quali interrogativi mi aiuta a rispondere questo testo? Con quali sentimenti mi invita a confrontarmi? A quali grandi valori mi esorta? Che cosa, attraverso questo testo, il Signore mi chiede di verificare, di correggere, di approfondire, di decidere?).

L’oratio fa esplodere il dialogo tra Dio e noi e la pagina letta si trasforma in preghiera, diventando lode, rendimento di grazie, domanda…

Quando il cuore si scalda nella preghiera, giunge il momento indicibilmente bello della contemplatio: all’attività umana, già guidata dalla Grazia, si sostituisce gradualmente l’azione di Dio. È il momento in cui, dimenticando tutto il resto, si contempla, nel raccoglimento e nel silenzio interiore, il mistero del Signore. È il tempo dell’intimità, in cui noi incominciamo veramente a fare esperienza di Dio. Per vivere al meglio questa esperienza possiamo immergerci nella natura: 

“L’universo si sviluppa in Dio, che lo riempie tutto. Quindi c’è un mistero da contemplare in una foglia, in un sentiero, nella rugiada, nel volto di un povero. L’ideale non è solo passare dall’esteriorità all’interiorità per scoprire l’azione di Dio nell’anima, ma anche arrivare a incontrarlo in tutte le cose, come insegnava san Bonaventura: «La contemplazione è tanto più elevata quanto più l’uomo sente in sé l’effetto della grazia divina o quanto più sa riconoscere Dio nelle altre creature».

È veramente alto l’ideale al quale la parola del Papa vi sospinge ma questo lo scoprirete voi, le mie parole qui non servono.

L’actio, infine, è più che altro una conseguenza: ciò che abbiamo letto, meditato, pregato e contemplato ci conduce naturalmente a compiere un passo nella conversione, a cercare cioè qualcosa che dia concretezza alla Parola che è risuonata in noi. È l’agire evangelico, che cambia il cuore: quale passo avanti posso compiere perché la mia vita assomigli sempre di più a quella di Gesù?

VENERDÌ SANTO

Contemplando la morte di Gesù e ottemperando al precetto del digiuno stabilito dalla Chiesa, oggi vivremo la virtù della sobrietà, che ci permetterà di sperimentare la vera libertà: 

“La spiritualità cristiana propone una crescita nella sobrietà e una capacità di godere con poco. È un ritorno alla semplicità, che ci permette di fermarci a gustare le piccole cose, di ringraziare delle possibilità che offre la vita senza attaccarci a ciò che abbiamo né rattristarci per ciò che non possediamo. (…) La sobrietà, vissuta con libertà e consapevolezza, è liberante. Non è meno vita, non è bassa intensità, ma tutto il contrario. (…) Si può aver bisogno di poco e vivere molto, soprattutto quando si è capaci di dare spazio ad altri piaceri e si trova soddisfazione negli incontri fraterni, nel servizio, nel mettere a frutto i propri carismi, nella musica e nell’arte, nel contatto con la natura, nella preghiera. La felicità richiede di saper limitare alcune necessità che ci stordiscono, restando così disponibili per le molteplici possibilità che offre la vita”.

Non oserei mai dare questo consiglio a dei giovani “normaloidi”, che non hanno fatto la vostra scelta, ma credo che non ci sia amante dell’ecologia che non ami e viva anche la sobrietà: il contrario introdurrebbe una contraddizione in una vocazione che chiede un comportamento personale che vi corrisponda. Dopo aver riletto nel silenzio le parole della Laudato si’ di cui sopra, chiediamoci: A che cosa sapremo rinunciare oggi? A usare il cellulare 24 h su 24? A scorrazzare con il motorino o con l’auto? A passare molto tempo al bar? E con che cosa riempiremo il vuoto lasciato dalle nostre abitudini poco sobrie? Potremo stare davanti allo scurolo, in adorazione, in preghiera, in compagnia di Gesù, per tutto il tempo della nostra resistenza, oppure prenderemo le biciclette e faremo visita ai sette sepolcri, come facevano i nostri vecchi.

SABATO SANTO

Oggi è il giorno del grande silenzio. Gesù è nel sepolcro e tutto tace, perfino le campane non suonano. Manteniamo anche noi il silenzio, continuando a gustare la bellezza della contemplazione che abbiamo scoperto l’altro giorno. Stiamo per un po’ davanti allo scurolo e poi passeggiamo nella natura, magari in un bosco, per “recuperare la serena armonia con il creato” ma soprattutto “per contemplare il Creatore, che vive tra di noi e in ciò che ci circonda, e la cui presenza «non deve essere costruita, ma scoperta e svelata».

DOMENICA DI RESURREZIONE

Al mattino appena svegli leggiamo il n. 236 della Laudato si’: 

Nell’Eucaristia il creato trova la sua maggiore elevazione. (…) Unito al Figlio incarnato, presente nell’Eucaristia, tutto il cosmo rende grazie a Dio. In effetti l’Eucaristia è di per sé un atto di amore cosmico: «Sì, cosmico! Perché anche quando viene celebrata sul piccolo altare di una chiesa di campagna, l’Eucaristia è sempre celebrata, in certo senso, sull’altare del mondo». L’Eucaristia unisce il cielo e la terra, abbraccia e penetra tutto il creato. Il mondo, che è uscito dalle mani di Dio, ritorna a Lui in gioiosa e piena adorazione: nel Pane eucaristico «la creazione è protesa verso la divinizzazione, verso le sante nozze, verso l’unificazione con il Creatore stesso». Perciò l’Eucaristia è anche fonte di luce e di motivazione per le nostre preoccupazioni per l’ambiente, e ci orienta ad essere custodi di tutto il creato.

E poi, dopo aver partecipato alla celebrazione eucaristica, diamoci pure alla pazza gioia. Ce la siamo meritata e soprattutto ne abbiamo motivo: Gesù è risorto, il sepolcro è vuoto, la morte è sconfitta, l’umanità è salva!

Vi saluto con affetto, giovani di San Giovanni Rotondo, il paese del grande santo che ispira molte delle nostre azioni. Vi chiedo una piccola preghiera anche per me.

Lettera a cura di Mariarosa Tettamanti, formatrice presso la diocesi di Milano.

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